Revista da EMERJ - V. 21 - N. 1 - Janeiro/Abril - 2019

13  R. EMERJ, Rio de Janeiro, v. 21, n. 1, p. 9 - 18, Janeiro-Abril. 2019  anteriore che, di volta in volta, sono toccati o lasciati intatti dalla norma posteriore ( ). Con ciò si restituisce profondità storica all’indagine, che si tende spesso a limitare all’epoca moderna. La limitazione è in un certo senso insita nell’impostazione che fa perno sull’efficacia temporale della legge, in quanto atto di volontà dei detentori del potere politico nello Stato moderno. Si tratta di uno dei tanti frutti della svolta che la storia giuridica dell’Europa continentale ha conosciuto alla fine del Settecento con lo sna- turamento della dimensione giuridica e la puntigliosa realizzazione di un monopolio del diritto da parte dello Stato ( ). Se ci si rappresenta dapprima la situazione da disciplinare e poi si ri- cerca la regola di diritto da applicare, viene in considerazione prima il pro- cesso. Il processo civile viene in considerazione prima della legge non solo nel discorso del giurista, ma anche nella storia delle istituzioni giuridiche. Il processo come strumento istituzionale di risoluzione di composizione delle controversie nasce evidentemente molto prima dello Stato moderno. Il legame tra Stato moderno e funzione di rendere giustizia è infatti la per- petuazione di un preciso disegno, maturato in quel profondo mutamento della temperie culturale e politica che, fra il secolo XVII e il secolo XVIII, segna il progressivo affermarsi nell’Europa continentale dei moderni or- dinamenti processuali. Quel momento di svolta, se da un lato fu animato dalla tensione a rimediare alla degenerazione del processo romano-canoni- co e ad apprestare certezza alla disciplina del processo, dall’altro relegò al margine un’idea feconda di giustizia astatuale, resa in un processo - l’ordo iudiciarius medievale – i cui principi non provenivano dalla volontà del le- gislatore, ma dalle regole della retorica e dell’etica ( ). Tali regole non erano imposte da un’autorità superiore ed esterna, ma erano proprie della stessa comunità cui appartenevano i protagonisti della vicenda processuale. Il disegno politico dello Stato moderno fu animato invece dal disegno di affidare la disciplina del processo a un’autorità superiore ed esterna rispet- to ai soggetti della vicenda processuale. Con le parole di Nicola Picardi: “fino all’età moderna la procedura era considerata manifestazione di una ragione pratica e sociale, che si era realizzata nel tempo attraverso la colla- borazione della prassi dei tribunali e della dottrina […]. Con la formazione degli Stati moderni, pur fra notevoli resistenze, si andò invece affermando l’opposto principio della statualità del processo: il sovrano rivendicò il mo- nopolio della legislazione in materia processuale” ( ).

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